Mostre: Edward Hopper al Museo Fondazione di Roma
Da Milano a Roma prosegue con grande successo la mostra su Edward Hopper, un percorso che vuole stimolare il pubblico italiano a una più profonda conoscenza della produzione di questo grande pittore americano.
Edward Hopper è uno degli autori attraverso le cui immagini si è costruita in Italia l’iconografia dell’America: “Gas”, per esempio, evoca gli Stati Uniti al pari della Marilyn di Warhol o delle danze colorate di Pollock.
Hopper è noto anche come il pittore della solitudine, del silenzio, di un’atmosfera sospesa e misteriosa che può assomigliare a de Chirico ma che si fonda su scenari quotidiani, dipinti con un realismo attento ai particolari.
Rispetto a questa immagine un po’ stereotipata la mostra arrivata in questi giorni al Museo Fondazione di Roma cerca di costruire per Hopper uno spazio più ampio.
Sono stati scelti alcuni momenti fondamentali della formazione del pittore: innanzitutto il soggiorno a Parigi, durante il quale Hopper attraversa indenne il messaggio delle avanguardie interessandosi piuttosto alle tecniche di Manet e Corot e al linguaggio del cinema e della fotografia come prospettive nuove attraverso cui osservare la realtà.
Uno spazio autonomo è riservato alla produzione di Hopper come incisore: interessante vedere come questa attività, con cui si guadagnava da vivere all’inizio e che non amava per niente, influì poi sulla linearità e sulla pulizia del segno.
Il percorso, dopo questi elementi della formazione del pittore, si concentra su alcune tematiche particolari: la concezione della sensualità, per esempio, e il rapporto con la moglie Jo, ma anche le più note rappresentazioni del paesaggio americano, presentate nelle impercettibili mutazioni che portarono al tratto più maturo che tutti conosciamo.
I quadri sono accompagnati da numerosi schizzi preparatori, attraverso i quali è possibile ricostruire il centro dell’attenzione del pittore e i tentativi progressivi per arrivare al suo equilibrio del silenzio. È interessante osservare come fin dai primi schizzi compaiano notazioni dettagliate sui colori che verranno utilizzati, notazioni che rivelano con quanta precisione il progetto si delineava da subito nella sua mente.
Curatore della mostra è Carter Foster del Whitney Museum of American Art di New York: da questo museo infatti provengono la maggior parte delle opere in mostra e il desiderio di far conoscere meglio in Italia il lavoro, le luci e le presenze enigmatiche di Edward Hopper.