L’omaggio di Hazanavicius al cinema: “The Artist”
Drammatico
durata 100 min.
Francia 2011
BiM Distribuzione
b/n, muto
con Jean Dujardin, Bérénice Bejo, John Goodman, James Cromwell, Penelope Ann Miller
Nelle sale dallo scorso 9 dicembre, ecco un altro film che, assieme ad “Emotivi Anonimi” di Améris, va a rimpinguare le fila dei contro-cinepanettoni di questo Natale 2011. Entrambi usciti da pochi giorni, entrambi francesi, i due film sono, però, totalmente diversi. L’uno dalle tipiche atmosfere alla “Amélie”, l’altro francese solo per produzione ma così hollywoodiano per trama e ambienti (è stato girato interamente a Los Angeles) da sembrare proprio born in the USA: tutti e due i film hanno riscosso grande successo di pubblico (e critica), tanto più inaspettato proprio perché accerchiati dalla concorrenza spietata dei soliti cartoni 3D e dei “film-sotto-l’albero”.
The Artist è l’ultima scommessa di Michel Hazanavicius, il quale, nell’era del 3D, del blue-ray e delle pellicole digitali, non solo punta sulla riscoperta del cinema muto, bensì su un film interamente muto: è un omaggio alla storia del cinema, nel suo passaggio negli anni ’30 al sonoro. E’ anche un omaggio al cinema attraverso il cinema da uno che fa del cinema (un po’ in stile Bertolucci): insomma, tutta la narrazione è meta-filmica, in un film che parla di film.
La storia raccontata è quella di George Valentin, star hollywoodiana del cinema muto che, con l’avvento del sonoro, si rifiuta di convertirsi alla moderna innovazione, tanto che girerà un ambizioso ultimo film rigorosamente non parlato, “Tears of Love”, vero e proprio flop. Contemporaneamente alla sua caduta, si registra l’ascesa di una nuova star, Peppy Miller, fan di Valentin e da sempre innamorata di lui, che ha iniziato come comparsa in un film dello stesso attore, quando ancora era al vertice della sua popolarità.
Hazanavicius, da vero cinefilo ed esperto di cinema degli anni ’20, dirige sapientemente questo piccolo gioiello, facendo attenzione ai dettagli: titoli di coda, riprese, strategie filmiche (come primi piani, angolazioni, scena d’apertura e quella di chiusura, ecc.) sono tutte orchestrate in modo da dare l’illusione che il film sia davvero un film d’epoca. Nonostante sia un film muto, in bianco e nero, che dura la bellezza di 100 minuti, con questa storia non ci si annoia di certo: il film è appassionante, gli attori sembrano usciti direttamente dalla Hollywood dei primi del secolo scorso, le emozioni non mancano. Per legare il tutto, Hazanavicius inserisce qua e là, di proposito e per ricordarci che siamo sempre e comunque nel 2011, qualche tocco di sonoro (che sembra perfino stonare e disturbare la perfetta armonia della colonna sonora), e qualche tocco di colore, modificando il viraggio del bianco-nero e movimentando la visione.
Non possono passare inosservati nemmeno le interpretazioni di John Goodman, nei panni del produttore arrivista Al Zimmer, e di Malcolm McDowell, magnetico nei panni del maggiordomo.
Un film divertente, dedicato ai nostalgici del bianco e nero e di Fred e Ginger. Da vedere!