Libri: “Se niente importa” di Jonathan Safran Foer
Una testa di mucca ci osserva dalla copertina e sembra chiederci ciò che recita il sottotitolo: perché mangiamo gli animali? Questa lunga inchiesta di Foer sull’industria alimentare americana ne indaga motivi e implicazioni.
Il vero obiettivo di questo libro, in realtà, è spiegare perché non dovremmo mangiare gli animali, e il risultato è estremamente convincente.
Foer dipinge l’industria dell’allevamento americana attraverso immagini rigorosamente tratte da interviste, da dati statistici, da articoli di giornali specialistici ma non per questo meno scioccanti – e questo è detto da una mangiatrice di carne. Le crudeltà inflitte alle bestie che provvedono al nostro sostentamento (polli, maiali, manzi ma anche i pesci delle diverse specie) sono tali e tante che una volta arrivati alla fine del libro è difficile non ripensare alle proprie scelte di vita.
Foer utilizza per questo saggio le sue migliori armi retoriche perché si concentra sull’argomento più spinoso ma forse più radicale di tutti: la pietà.
Molti altri sono i motivi che possono, razionalmente, indurre un individuo del nostro ricco mondo occidentale a scegliere di eliminare le carni animali dalla sua dieta, ma nessuna è potente come l’irrazionale scelta di affidarsi al sentimento forse più umano di tutti, la pietà di chi guarda negli occhi l’animale e non lo uccide perché non ne ha bisogno.
Sulla carne si basa in larga parte la dieta degli americani e, in misura crescente, anche quella degli europei. Questa scelta (i cui motivi sociologici Foer non approfondisce) implica in primo luogo ampie ripercussioni sull’ambiente, che l’allevamento industriale inquina come qualsiasi altro tipo di industria.
In questi allevamenti vengono utilizzati animali geneticamente incapaci di riprodursi e di vivere se non vengono imbottiti di antibiotici, ma capaci di raggiungere in poco tempo e con poco mangime una massa muscolare sufficiente perché vengano abbattuti: noi mangiamo anche quegli antibiotici.
Queste le argomentazioni più forti, ma si potrebbero aggiungere le condizioni dei lavoratori nei mattatoi industriali oppure la concorrenza sleale verso le aziende che tentano di utilizzare metodi diversi… Al centro del discorso resta comunque, però, la pietà, il fatto che “Se niente importa, non c’è niente da salvare”.
In questo senso, per una volta, il titolo italiano è quasi più azzeccato di quello americano (Eating animals) perché sottolinea l’importanza di un altro fattore di rilievo nel saggio di Foer, e cioè l’importanza della famiglia nelle nostre scelte alimentari.
Mangiare è un atto sociale prima di tutto, espressione della nostra storia e di quella delle nostre famiglie nel passato, nel presente e nel futuro; dalla nonna di Foer, quindi, matriarca e pilastro della famiglia, al figlio dello scrittore, il vero e dichiarato motivo che lo ha spinto in questa inchiesta e di conseguenza a scegliere definitivamente di diventare vegetariano.
Se niente importa è un libro che solleva questioni fondamentali, modifica il modo in cui guardiamo a noi stessi e agli altri. Sono temi profondi, che (insieme ad ovvi motivi di marketing) hanno permesso l’apertura del sito Eating animals e del relativo forum.
A qualcuno, quindi, “importa” e se questo libro è stato scritto perché sempre più persone avessero la coscienza di quello che mettono in bocca ha senz’altro colpito nel segno.
Jonathan Safran Foer
Guanda, 2010