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Il gladiatore, di Ridley Scott

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Film che ha consacrato Russell Crowe e ha portato alla ribalta il giovane Joaquin Phoenix, fratello minore dell’altrettanto noto River, morto di overdose nel 1993, a soli 23 anni.

Il film parte dalla vittoria romana sui Britanni. L’imperatore Marco Aurelio (Harris), designa come suo successore il generale Massimo (Crowe), fautore della vittoria, uomo giusto e capace che potrà fare il bene di Roma. Ma la decisione umilia il figlio di Marco Aurelio, Commodo, il quale, per non perdere il potere, uccide il padre con le proprie mani, ordinando anche la morte di Massimo e della sua famiglia.

Sfuggito ai sicari, Massimo trova la sua famiglia sterminata. Dopo varie vicissitudini, giunge a Roma come schiavo, direttamente dall’Africa, dove era fuggito.
Qui diventa l’eroe del popolo, combattendo come gladiatore.
Talmente idolatrato, che neppure Commodo si sente in potere di ordinare di ucciderlo. Ma il vile imperatore trova il modo per disfarsene: sfidandolo nell’arena, ma non prima di averlo ferito di nascosto.

Il finale è drammatico, ma non può che essere così in questo kolossal che, testuali parole del regista “se ne infischia di tutte le verità”.
Ridley costruisce un personaggio di enorme grandezza morale, contrapposto ad un imperatore piccolo piccolo, che fa oscillare lo spettatore dalla pena alla rabbia.
Film spettacolare, con effetti speciali e budget a infiniti zeri per intrattenere un pubblico che non si scandalizza di fronte all’inglese-latino.

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