… dovessi aspettarti ancora dieci inverni
commedia sentimentale
durata: 99min.
Bolero Film
Italia-Russia, 2009
con Isabella Ragonese, Michele Riondino, Liuba Zaizeva, Glen Blackall, Sergei Zhigunov, Vinicio Capossela
Dieci inverni, l’ho scoperto per caso in una gelida serata invernale, tra il silenzio e la solitudine di una casa vuota. Fuori, il gelo. Cosa c’è di meglio di un film che, già dal titolo, trasporta in una dimensione di freddo tenace, ostinato? Mi sembrava appropriato. E in effetti lo era, eccome. Ma perchè nessuno mi aveva mai parlato di questa piccola perla?, mi sono chiesta, non appena ho iniziato a vedere il film (già, perchè fin dalle prime scene ho intuito che Dieci inverni era proprio il mio genere di film, di quelli che mi entusiasmano e mi ispirano). E poi, d’un tratto, mi sono ricordata che in realtà qualcuno me ne aveva già parlato, solo che non avevo ascoltato abbastanza attentamente (mea culpa). Fu così che ieri sera feci il piacevole incontro con questa pellicola, tutta italiana (regia di Valerio Mieli, giovane esordiente), e fu come se l’avessi scoperta io, da sola. Che soddisfazione…
La trama è semplice, forse anche un po’ scontata: due giovani si incontrano su un vaporetto nella laguna di Venezia. E’ il 1999. I due si stanno per trasferire a Venezia per iniziare gli studi universitari (slavistica lei, molto più indeciso sulla strada da intraprendere lui). Si notano, gli sguardi si incrociano, ma non c’è nessuna tensione romantica, niente di niente, solo un buffo e maldestro tentativo ti approccio da parte di lui e una reazione seria e composta da parte di lei. Dopo il fatidico incontro, le vite dei due protagonisti si snodano nell’arco di dieci lunghi anni (dieci inverni, per l’appunto), tra viaggi in Russia, amori finiti male, figli e depressioni, in un moto continuo di avvicinamento ed allontanamento senza tregua. I due sembrano cercarsi, rincorrersi, ma non trovarsi mai, a causa delle varie vicissitudini della vita. Solo dopo che saranno trascorsi dieci inverni e che il loro percorso di maturazione sarà pienamente compiuto (una sorta di quest o, se vogliamo, di educazione sentimentale lunga un decennio, dall’adolescenza alle soglie dell’età adulta), i protagonisti si ritrovano e dipanano il filo della matassa, che sembrava essersi irrimediabilmente intricato nel corso del tempo. E solo allora capiamo che non poteva accadere altrimenti, non poteva succedere prima né dopo, non così. Non avrebbe, forse, avuto senso.
Mieli racconta una storia tenera, delicata, triste, eppure in effetti allegra. Il lieto fine c’è, questo è incontestabile, ma, non so perché, la storia mi ha lasciato un senso di smarrimento, mi sono sentita come cullata da una dolce, amara tristezza senza rimedio. Forse saranno stati tutti quegli inverni, forse i piccoli destini ridicoli dei due protagonisti, o forse la Russia, che inquieta sempre un po’. Non saprei. Fatto sta che il film mi ha messo addosso una specie di malinconia che, dopo dodici ore, resta e non se ne va.
Mieli colpisce nel segno, dal mio punto di vista. Il film non ha pretese eccessive, ma è dignitoso. Semplice, ma fiero. Le atmosfere, gli stessi attori (straordinaria la somiglianza tra la Ragonese e Charlotte Gainsbourg) e alcune scene (soprattutto all’inizio, con la piccola casa sulla laguna, così misera, in legno, con gli intonachi che cadono e senza riscaldamento, ma allegra, luminosa, un po’ surreale) mi hanno fatto pensare immediatamente ad uno dei miei film preferiti, L’arte del sogno di Michel Gondry. La struttura del testo filmico, invece, è stata assolutamente ripresa dal regista (molto probabilmente ignaro) di One Day, film del 2011 con Anne Hataway e Jim Sturgess: anche lì, una storia d’amicizia e d’amore mancata che si dipana nel corso di un decennio. Solo che il film di Sherfig finisce in tragedia, mentre Mieli ci risparmia, per fortuna, la catastrofe apocalittica finale (anche alla sfiga c’è un limte).
A dare un tocco speciale ad un film già bello, il cameo di Vinicio Capossela, che compare verso la fine ed esegue al piano alcune delle sue canzoni: non ci poteva essere colonna sonora più adatta ad accompagnare la malinconica bellezza di Dieci inverni.
Curiosità: il film è stato in concorso al Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia 2009, ha vinto il David di Donatello 2010 per il miglior esordio, il Nastro d’argento come miglior opera prima. Il soggetto è stato scritto da Valerio Mieli in collaborazione con Isabella Aguilar.
Film di formazione non pretenzioso ma piacevole per un regista agli esordi nel mondo del cinema. Gradevole.